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Diari di viaggio

Le pagine dei viaggiatori.

In queste pagine raccogliamo le testimonianze dei viaggiatori dell'infinito che hanno fatto esperienza in viaggio tra Chakarunas



Un giorno cristallo molto particolare                 di Pia Spinelli

“E’ dal 21 marzo 2001 (terra rossa cristallo), giorno in cui ho ricevuto una mail da Antonio Giacchetti che aveva questo titolo e che mostrava una fotografia delle grotte di cristallo delle cave di Naica, che in me si è acceso il desiderio di poterle vedere, di poter toccare con le mie piccole mani quei grandi e magnifici cristalli.
“Dal mio cuore al cuore della Terra al tuo cuore. Dal tuo cuore al cuore della Terra al mio cuore”. L’invocazione così bella che Alessandra mi ha insegnato è ora per me più vera e reale perché, proprio grazie a lei, posso dire di aver visto e toccato il cuore di cristallo di Madre Terra. E’ stato faticosa ma emozionante, entusiasmante e molto commovente.
L’attesa per entrare nella cava è stata lunga. Ho temuto che l’incidente che ha fatto ritardare la partenza del nostro gruppo fosse così grave da non consentirci di entrare, ma ….finalmente siamo partiti.
Una prima forte emozione l’ho provata subito all’inizio del percorso in pick up.
Man mano che la luce svaniva mi sentivo in un equilibrio precario seduta su quell’asse di legno appoggiata sul cassone dell’auto. Ma subito ho sentito vicino a me il forte braccio di Maurizio a cui mi sono attaccata e dall’altro lato mi si è fatta vicino Perla. Rinfrancata da questi sostegni mi sono goduta tranquillamente il viaggio.
Ho avuto la sensazione che le tenebre intorno a me si muovessero come una spirale e  io ero trasportata sempre più giù, sempre più nel buio.
Ho pensato che era come morire e allora ho chiesto alla Madre Terra di aiutarmi a lasciare andare tutto quello che non mi serviva più per riuscire a camminare nella vita con più leggerezza. Quando l’auto si è fermata sono scesa piena di curiosità, ma anche con un po’ di timore. Ce l’avrei fatta? E se fossi stata male laggiù?
All’ingresso della grotta il caldo e l’umidità hanno immediatamente rallentato la mia andatura e forse è stato proprio questo lento procedere che mi ha permesso di stare lì. Mi prendono ancora adesso la gioia e la commozione che ho provato nel vedere quella grotta meravigliosa di colore rosso e bianco: un grande cuore caldo e luminoso.
Ho pregato,  ho ringraziato, ho abbracciato un caldo cristallo.
Le emozioni erano forti e dopo un po’ sono dovuta uscire. Ma poi, ripreso fiato, sono voluta rientrare ed è stata ancora più bello.
Eravamo pochi all’interno e Alberto e Alessandra hanno iniziato a cantare e anch’io mi sono messa a cantare ed è stato un momento di grande amore e di pace.
Stavo veramente bene e mi sono sentita “a casa”. Mi è dispiaciuto dovermi allontanare da quel luogo.
Più difficile è stato per me entrare nella seconda grotta. Qui ero sola e quando mi sono affacciata ed ho visto quella conchiglia (o utero) di cristallo mi sono sentita piccolissima. Ho avuto timore di quella grandiosità e potenza e, dopo una rapida occhiata, sono scesa velocemente lungo la scaletta per avvicinarmi agli altri.
Poche sono state le parole, ma molto coinvolgente è stato l’abbraccio e il pianto di gioia condiviso con Alberto prima di entrare nell’ultima grotta.
Anche qui un susseguirsi di emozioni: gioia per tanta bellezza, ammirazione e gratitudine per la magnificenza del creato, comunione e commozione nella preghiera e nel canto per la pace.
E poi il ritorno alla luce. Angelica che ha cominciato a cantare la parola Pachamama e noi tutti che la abbiamo seguita, ognuno esperimento con la sua voce l’amore per la nostra madre comune. Siamo rinati insieme, sette fratelli gemelli che hanno rivisto insieme la luce: Alberto, Alessandra, Maurizio, Perla, Angelica, Margherita ed io.
Grazie alla vita e alle persone che mi hanno aiutato a ricevere questi doni.”
Pia


VIAGGIO A Q’ERO                                    di Luigi Jannarone

Nell’estate del 2006 partecipai alla spedizione (1) nella regione di Q’ero, nelle Ande peruviane. L’idea di andare a Q’ero mi procurava una eccitazione incredibile, mi sentivo un misto di orgoglio e di timore all’idea di entrare in contatto con quelle montagne così imponenti, cariche di una magia tanto particolare, culla dei Q’eros,uno degli ultimi popoli di sacerdoti sciamani del pianeta. Un camioncino 4X4 anni ’70 si arrampicava con fatica su strettissime strade sterrate che da Cuzco portano fino a Paucartambo e da qui a Chillabamba ultimo paese al confine con quella che viene definita come la Nazione Q’ero. Ora ci aspettava un lungo tratto praticabile solo a piedi o a cavallo attraverso sentieri che tagliano gli altipiani e si inerpicano sulle vette più alte delle Ande. Avevamo davanti molti chilometri da percorrere in pochi giorni ad una altezza spesso sopra i 4.000 metri, dai nostri calcoli ogni giorno di marcia poteva variare dalle 7 alle 10 ore, una bella impresa ! La fatica di camminare in salita con poco ossigeno era però ripagata da panorami spettacolari, vallate, altopiani, cime innevate e poi nuvole che scorrevano veloci sopra e sotto di noi, un paesaggio surreale si apriva ai nostri occhi come in un sogno. E come in un sogno scortati dagli Apus (gli spiriti delle montagne) i nostri piedi camminavano in una dimensione di realtà non ordinaria, in una sorta di mondo parallelo dove tutto era fermo, immobile nel tempo, senza alcuna traccia apparente della civiltà. Il mio fiato corto, le mie gambe pesanti scandivano le ore passate in silenzio, in una lunga meditazione. Spesso la mia mente volava verso casa così distante da qui, in una specie di elastico tra emozioni e pensieri, tra passato e presente. Sentivo il mio cuore battere forte in gola, i sassi, le pietre che percepivo sotto la mia suola ad ogni passo lungo il sentiero, mi ricordavano che stavamo camminando in una Terrasacra. Sparse negli altopiani si vedevano piccole capanne fatte di pietra con il tetto di paglia dove i pastori queros si rifugiano la notte portando al pascolo le loro alpaca. L’ultimo passo a circa 4300 metri ed ecco finalmente il primo villaggio Q’ero, Tandanas. L’Apu (montagna) Durq’aorko domina il piano su cui si reggono poche casette di pietra, tra i cavalli e le alpaca libere che pascolano. Gli anziani Q’eros ci accolgono con un sorriso mentre seduti guardano i giovani correre dietro ad un pallone. Bastano qualche sigaretta e poche parole in quechua per creare un contatto, fatto di sorrisi e strette di mano. Un Q’ero mi invita a salire con lui sull’Apu per vedere le aquile ma ho nelle gambe nove ore di cammino e mimando di essere esausto e senza forze lo ringrazio fra le risatine degli altri Q’eros. Poco dopo ecco materializzarsi dal nulla Don Francisco Quispe fra lo stupore mio e quello dei miei compagni di viaggio. Avevo conosciuto Francisco la settimana prima a Cuzco, un incontro molto particolare, fin da subito ero entrato in contatto profondo con lui e si era creato una sorta di legame fra noi. Avevo detto a Francisco che stavamo partendo per Q’ero ma francamente l’idea di ritrovarlo qui era una mia remota speranza. Eppure avevamo viaggiato in camioncino per diverse ore prima di proseguire a piedi … come avrà fatto a essere già qui e a sapere che avevamo raggiunto Tandanas ? Grande regalo dell’universo avere Don Francisco come guida e così il giorno seguente siamo partiti con lui per Hatum Q’ero, la capitale della nazione Q’ero. Siamo scesi leggermente di quota ed il paesaggio è tornato ad avere anche un minimo di vegetazione, la nebbia avvolgeva il villaggio, molto più grande del precedente ma del tutto deserto.Ad Hatum Q’ero in un vecchio edificio un po’ cadente, hanno organizzato una scuola dove i bambini di tutti i villaggi compresi in un raggio di circa venti chilometri, fanno avanti e indietro tutti i giorni. Il maestro ci mostra orgoglioso una cosa incredibile : lo stato ha finanziato un progetto finalizzato alla integrazione dei Q’eros ed ha portato : pannello solare, due compiuter ed una antenna parabolica per la connessione ad internet ! Siamo tutti a bocca aperta, i bambini con il moccio al naso, sporchi di terra con ai piedi dei sandaletti consumati navigano in internet nel mezzo delle Ande ! Facciamo inoltre la conoscenza del figlio di Francisco, Santos e di suo zio Don Matias, sacerdote Altomissaioq di Hatum Q’ero. Il giorno dopo viene dedicato ai rituali magici del Despacio alla Pachamama, che viene celebrato in cerchio nella casa capanna di Don Francisco, mentre la sera Francisco e Matias leggono ad ognuno di noi le foglie della pianta sacra di coca. Nella notte arriva il mio turno e con mia grande emozione mi viene preparato appositamente un Despacio (rituale di offerta) per la conferma ed il potenziamento del Karpay cioè dell’iniziazione a Pampamissaioq (Sacerdote della terra). Il mattino seguente si riparte e devo lasciare Don Francisco e suo figlio Santos da poco diventato padre. Santos mi chiede di tagliare i capelli a suo figlio che in gergo significa diventare il suo padrino. Sono molto onorato di questa sua richiesta ma la spedizione deve riprendere la marcia, tornare sopra i 4000 metri per arrivare entro il tramonto al villaggio di Chua Chua…..



6 settembre 2007 Guachochi – cuore della sierra Tarahumara
 di Sara Mancinelli

L’esperienza di ieri, che rimarrà nella nostra memoria come “il mitico aperitivo a Norogachi”, il non fare, nel luogo non luogo, ci ha portato un grande regalo, e, forse,  era questo che andavamo cercando e, forse, era questo che ci stava aspettando….andiamo ad incontrare Dona Tona, la curandera tarahumara che ci ha indicato il direttore della Radio Sierra Tarahumara , incontrato ieri, come portati da un filo invisibile a cui ci siamo consegnati con fiducia e leggerezza, e questa è la magia del gruppo: compatto,allineato, solidale e ridente, in sintesi perfetto. Dona Tona, miniatura di corpo, grande sapienza, ci accoglie nella sua casina, ci parla e ci racconta la sua medicina, con umiltà e generosità, a momenti serissima e profonda, a momenti sorridente e vezzosa come una bambina. Mi colpisce il primo presupposto, il sine qua non: amore incondizionato per se stessi, per poi donare cura e amore agli altri, mi colpisce che dica che prima di tutto, quando inizia la giornata, lei mette cura ai suoi figli e alla sua famiglia e solo dopo si occupa dei suoi pazienti, è talmente semplice ma talmente vero, e quante volte non sono stata così integra nel rispettare questo fondamentale assunto…..la medicina per lei è questo: donare amore e cura ma per farlo devi amare e rispettare te stesso, altrimenti non vai da nessuna parte, infatti i suoi pazienti sono ospitati da lei, così li può “sentire”, li può sognare, li può tenere per mano e abbracciare….penso alla nostra realtà e mi sconforto, dice anche che non ha mai perso un paziente, che non ha mai avuto insuccessi….lei mette l’amore, il resto lo fa la Natura con i suoi frutti, vegetali ed animali, e anche con lei ci vuole rispetto, prendere solo quello che serve, senza spreco e, sempre, sempre, ringraziare con il cuore.
Usciamo dall’incontro emozionati, il contatto con la semplicità e la grandezza di un cuore puro non può che emozionare, e capisco che questo, per me, è il viaggio nell’emozione….Ed è solo la fine della mattinata, nel pomeriggio altra emozionante avventura alla Barranca della Sinforosa, nome che mi evoca bambine vezzose che giocano a fare le signore…..arriviamo ad un belvedere sulla barranca e…manca il fiato, verdi canyon profondissimi si aprono sotto di noi, la terra come un grande corpo con i suoi segni, i suoi segreti, immensa, immota, antichissima e viva, e noi, formichine, ci incamminiamo verso il fondo, scendiamo verso il cuore della terra, questa è la sensazione che provo….il dislivello è notevole, mi confronto con i miei limiti mentali, ma il gruppo opera il miracolo, in mezzo alla lavanda e alle agavi arriviamo al fondo dove c’è la cascata e le sue pozze, e poi ripartiamo per risalire, quando guardo in alto e vedo il belvedere lontanissimo…cado..ma, ancora una volta, il gruppo e il tamburo di Mauri che segna il ritmo del cammino, mi tirano e mi aiutano a superare il limite mentale che mi do, canto dentro di me che sono il Grande Spirito e riesco ad arrivare in cima….sono felice….il sole ci premia con un tramonto speciale che illumina l’immensità della Sierra. Esausti ed ilari, abbracciamo idealmente l’ottimo Cesar, il nostro chauffeur, che ci aspetta paziente per riportarci a Guacochi  a gustarci un’ottima trota fritta…..
Ancora una volta sperimento la magia del “se puede, si se puede”…e sono strafelice….

Sara



Aperitivo a Norogachi                       di Alfonso Poncho Reggiani
Sierra Tarhaumara settembre 2007

Quando si parte senza conoscere la meta. Quando si va a un appuntamento senza averlo fissato in precedenza. Quando si arriva e non c’è modo di raggiungere la persona. E alla fine l’obiettivo del viaggio non ci interessa più. Allora, in situazioni normali, ci si domanda: ‘perché tutto questo sbattimento?’ O si potrebbe commentare: ‘che perdita di tempo!’, ‘siamo stati proprio dei coglioni!’, ‘avrei volentieri fatto qualcos’altro!’. Non succede però quando arrivi a Norogachi. Neppure se non hai speranze di incontrare  questo fantomatico Erasmo Nonmiricordopiùneancheilcognome, che ci fatto proprio un bell’agguato consegnandoci un piccolo/grande insegnamento di come ‘Vivere qui ed ora!’. Non perdi la pazienza e nemmeno il buon umore se ti trovi in Messico, con un gruppo compatto di sorelle e fratelli. Anzi, cerchi e trovi il modo di sorridere. Allora, il piccolo negozio all’entrata del paese diventa punto di riferimento (e di rifornimento). Il tramonto un tempo senza tempo, che non si coniuga né al passato né al futuro, ma in un eterno presente senza nostalgia né speranza. E Norogachi diventa allora un luogo non-luogo e noi a galleggiarci sopra sgranocchiando sabritas piccanti.




Dopo il Messico                               di Helena Giorgianni

Il Messico è la terra della parola fiorita, un viaggio nel sacro del quotidiano, nel sacro dei paesaggi, nel sacro dei colori. Accoglie e semina nel cuore di chi incontra.. essenze profumate, e negli occhi.. la luce ed il mistero dei suoi miti.
Sono stata nutrita dai sorrisi di chi ho incontrato, dalle storie, dalle danze, dalle lunghe camminate, dal cielo stellato, dal deserto ; ho condiviso in cerchio, con i miei compagni di viaggio/guerrieri la profonda gratitudine e tanta ricchezza. Oggi, un profondo senso di nostalgia per non essere più lì..
 
Helena


Poesie Messicane                            di Raul Hernandez

Viaggio a Creel
Verso la Sierra Tahaumara
Le donne chiacchierano nel patio
Il verde è verde
Il cielo azzurro
La Terra
Sostiene i suoi ciottoli
Con mano amorosa

 Giorno di proposito
Onda del sogno incantato
Cosa mi aspetta?
Cosa sto creando?
Il mio cuore batte
Allo stesso ritmo
Del cuore della Terra

Cristalli puri
Meravigliosi e indecifrabili
Arterie vibranti
Manifestazioni geometriche
Di un ordine sacro
Incomprensibili
Come la visione
Notturna

Nel sogno
Di una perfetta
Stecca di cioccolato.

                                     * * * * *

Ieri siamo arrivati al "Meson de la Abundancia"

Trasformati
Da capo a piedi
Polvere sudore e fatica
Ci ricoprivano come un'aura di una certa "santità"
Tornavamo dalla Terra Santa
Chi tra di noi
Potrà raccontare la sua storia?


Ciò che ho visto
Sarà difficile trasmetterlo.
Ricordo
Di essere stato in una antichissima corte
Con i suoi membri principali
Officianti e "sacerdoti"
Una imperatrice
Un "consigliere"
Una magica "trovadora"
E un buffone cantante meraviglioso
Il Fuoco Sacro nel centro
La cupola celeste
Come un tetto
Protettore cambiante
Infinito
Un libro cosmico
Dove c'è scritto
Tutto quel che esiste
In un insieme
Impossibile descriverlo
Solo meraviglia.

 
Nella oscurità della notte
Solo si vedeva
Quelli
Che erano
Intorno al fuoco
Una danza
Di ombre di estele
E figure scure e sconosciute
"io" stesso
Sentivo la mia oscurità
Alla ricerca della luce.

 
Ciò che lì avvenne   
E le visione che
Mi sono state date
Rimangono lì
Nei paraggi del deserto
Tra gli arbusti
Dove nasce e si nasconde
Il serpente a sonagli
E il piccolo cervo magico
Datore di visioni
E di cammini verso
Una coscienza
Molto più alta
Di quello
Che posso immaginare.

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