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La Capanna sudatoria

 L’hanno chiamata capanna di sudore, inipi, bagno di sudore, sauna, temazcal… e tanti altri nomi ancora, ma la cerimonia è sempre la stessa: il ritorno alla Madre Terra, con umiltà e preghiera, per purificare e sanare il nostro corpo, la nostra mente e le nostre emozioni dalle scorie che inquinano la nostra vita. Avevo venticinque anni, quando, per la prima volta, penetrai nell’utero caldo della Madre Terra, attratta dal Mistero, un po’ curiosa, un po’ intimorita. Da allora, i canti del Temazcal, appresi nella mia famigliare terra del Messico, non mi hanno mai più abbandonato e la mia anima si rallegra quando il cerchio si stringe intorno alle pietre calde. Con profondo rispetto ringrazio tutti coloro che hanno condiviso con me la Medicina della Terra e la Scienza Sacra delle quattro Direzioni, per avermi aiutato a ricordare il disegno divino in cui tutto è Uno.

“Il sole sta tramontando e l’aria rinfresca, è quel momento del giorno che la tradizione indigena definisce “l’ora del potere”, il miracolo dell’equilibrio tra le forze della luce e quelle della oscurità.
 Il fuoco arde da più di due ore; con cura sono state adagiate, su un letto di legna, le pietre, le nonne pietre, come è corretto definirle, coloro che portano la conoscenza e la testimonianza della Terra. Grazie al loro calore, tra poco, entreremo nella capanna sudatoria per chiedere benedizioni per il nostro cammino e per curare e purificare il nostro corpo fisico ed emotivo da tutto quello che gli impedisce di vivere una vita quotidiana serena.
Il cerchio si stringe intorno al fuoco per unirsi nel canto e dondolare al ritmo del tamburo, per veder salire le prime stelle ed assaporare la perfezione del creato. Tutto è in ordine: il cielo sopra, la terra sostenendoci, il fuoco riscaldandoci, l’aria che riempie i nostri polmoni permettendo che la vita si esprima, e l’acqua, medicina sottile, che trasformerà il calore delle pietre in vapore, elisir di cura e nutrimento.
Con il permesso del popolo in piedi, il bosco, abbiamo raccolto i rami necessari per costruire la capanna e li abbiamo intrecciati per riprodurre il disegno sacro prestabilito: un universo perfetto con una porta ad ovest per ricevere il potere della guarigione e della trasformazione che l’Orso, guardiano di questa direzione, ci offre.
Abbiamo appeso sulla cupola le nostre preghiere, 7 piccole borse di tela di cotone riempite di tabacco, ognuna del colore che rappresenta la direzione: il giallo ad est, il rosso a sud, il nero a ovest, il bianco a nord, il verde per il cuore della terra, il celeste per il cuore del cielo, e il viola, per il nostro cuore, lo spirito che anima la nostra vita. Il cerchio delle donne ha messo il suo intento di protezione e di amore in ogni presa di tabacco che veniva offerto alla direzione, chiedendo cura e sostegno alla Madre Terra e al Padre Cielo per la nostra cerimonia di stasera, perché possa ognuno di noi consegnarsi al calore della cerimonia con fiducia e tranquillità e permettere ai nostri corpi di curarsi e di rigenerarsi. Nel centro della capanna sudatoria è stata scavata una fossa abbastanza grande da poter contenere le pietre calde, quello è l’utero della Madre Terra, le donne lo hanno pulito e lisciato con le mani e con l’acqua fino a renderlo completamente uniforme; è un lavoro questo che  cura gli organi genitali di noi donne!
Con la terra che abbiamo tolto dall’utero abbiamo costruito tra la porta d’entrata e il fuoco un altare a forma di tartaruga. Lo abbiamo adornato e vi abbiamo depositato i nostri oggetti sacri.  L’acqua è in una brocca che berremo dopo la terza porta, quella della guarigione, dell’ovest, per purificare e drenare tutte le nostre acque interne stagnanti, quelle che portano sofferenza emotiva e malattia.
L’intera struttura l’abbiamo poi coperta con tele di lana, creando così uno spazio sicuro.
L’imbrunire avanza, e le sagome di ognuno di noi sono ravvivate dal fuoco che avvolge ogni cosa.
E’ quasi ora di entrare, le nonne, le pietre, sono pronte. Per quattro porte, o giri, pregheremo, canteremo e uniremo il nostro intento, il sudore scioglierà la ruggine che si è cristallizzata nel nostro andare e nuovi inizi potranno celebrarsi per ognuno di noi. Ad ogni giro, quando il lembo della porta si solleverà, il vapore, impregnato delle nostre preghiere, salirà al cielo e il nostro cuore verrà ascoltato dal Grande Mistero. Le erbe sacre, la salvia e la lavanda, il copal, che spargeremo sulle pietre calde sprigioneranno il loro aroma purificante, e il nostro sudore tornerà alla Madre Terra, che penserà a trasformarlo in nuovi fiori e nuovo nutrimento.
Tutto è molto semplice, così antico, quanto naturale. Tutto è come se lo avessimo vissuto mille volte… rinascere dall’utero della madre è un’opportunità unica per rinnovare la nostra vita, per lasciare andare tutto quello che non serve portarci addosso; qui, nel tempio del Temazcal, il tempo si perde e lo spazio anche, come avvenne nell’utero che ci generò.
Dopo aver incontrato durante tutta l’esperienza l’Aquila dell’est, il Coyote del sud, l’Orso dell’ovest e il Bufalo bianco del nord, usciamo dalla porta camminando a quattro zampe, con solenne rispetto, come chi penetra per la prima volta il mondo.
Quando alzeremo gli occhi al cielo l’immensità del Grande Spirito aleggerà tutto intorno, i nostri occhi saranno tersi e le nostre orecchie sentiranno con più profondità, la nostra pelle sarà liscia e tutti i nostri sensi saranno espansi.
Cosciente di tutto questo, prego davanti alla porta d’entrata, prima di accomodarmi affianco dell’utero della Madre Terra e accompagnare i miei fratelli e le mie sorelle in uno dei viaggi più belli che il Grande Mistero mi ha permesso di conoscere. Prego per tenere la forza di sostenere i loro intenti, prego per tenere la fiducia dei miei maestri affinché a loro volta sostengano la mia conoscenza, prego la Madre Terra di accoglierci con amore e benevolenza ed esprimo la mia totale gratitudine perché la vita mi offre ancora una volta di celebrare il matrimonio sacro tra il Cielo e la Terra.
Ometeotl!
                                                                           Alessandra Comneno

 

LA MEDICINA DELLA CAPANNA DI SUDORE
Nella capanna di sudore, il sacro grembo della madre terra, la mente,
le emozioni, il corpo e lo spirito si danno appuntamento per intra-
prendere il volo magico della coscienza. Nella sua cavità, in quel-
l’utero caldo, le maschere dell’ego si dissolvono e si trasformano in
un fiume cristallino che, cantando, attraversa i quattro mondi della
creazione: l’aria, il fuoco, l’acqua e la terra. Il Tolteca si ritira nella
grotta senza tempo per offrire se stesso, un’offerta che non contem-
pla compromessi, che non scende a patti con niente e con nessuno,
solo un dono, il vestito incarnato di un io che si arrende esausto nella
battaglia finale. Il Temascal, la capanna di sudore, è una pratica com-
pleta, utile a rompere gli argini di un cuore anelante di verità. È buona
abitudine invitare l’apprendista, prima che inizi a farsi tante do-
mande, a entrare in un Temascal. Lì, nell’oscurità, nel luogo oltre ogni
limite spaziotemporale, si accorgerà ben presto che tanti dubbi e per-
ché non hanno risposte, e , se per caso ne trovasse una, sarebbe solo
una stella fugace che attraversa all’improvviso il manto dell’infinito
universo percettivo.
Nella compostezza, nel rispetto, nel silenzio, nella condivisione con
i fratelli e le sorelle che uniscono il loro intento nel rinascere a se
stessi, il pellegrino della coscienza vince la sua paura primordiale,
quella di arrendersi alla vita, di partorirsi rinnovato, o semplicemente
lavato da quella scorza ruvida che difendeva un involucro morbido e
fragile, indifeso, davanti alle intemperie quotidiane. Le delusioni, gli
abbandoni, le perdite, l’ansia, le paure, la solitudine, la rabbia, tutto
l’affanno che egli impiega per incolpare se stesso, gli altri, la vita, per
le esperienze che gli tocca vivere, sono la sua seconda pelle pronta a
66incenerirsi, a offrirsi alle pietre calde che, mentre cantano bagnate
dall’acqua, sciolgono anche l’ultimo residuo di ogni falsa verità.
Quando entra nel Temascal, inginocchiato davanti alla porta, l’ap-
prendista chiede permesso pronunciando alcune semplici parole che
gli ricordano di essere parte di una grande famiglia per la quale si pu-
rificherà profondamente:
per tutte le nostre relazioni.
La cupola del Temascal è costruita secondo le antiche tradizioni, a
volte in pietra, altre in argilla, altre con pali intrecciati che rappresen-
tano l’intera cosmogonia. Al suo interno, l’utero accoglie le pietre che,
con cura, la donna o l’uomo del fuoco, hanno riscaldato nel falò per al-
cune ore. Si realizza un disegno antico dove il fuoco, il Padre Sole in
terra, grazie al calore incandescente delle pietre che ha riscaldato, fe-
conda l’utero della Madre Terra, riaffermando il suo amore per lei, ricor-
dando il mistero della creazione, della vita e dell’eterna trasformazione.
Davanti alle pietre, in relazione con i quattro elementi, i parteci-
panti condividono in cerchio i propri sentimenti e aprono i loro cuori.
Quanto ancora devo sudare per sciogliere tutta questa ruggine che
mi porto addosso?
Si chiede l’apprendista più di una volta nel Temascal
mentre percepisce che di sé non sta restando più nulla se non un alito
di vento, un flebile respiro.
Saprò mantenere integro nel tempo questo
momento, l’espansione di coscienza che restituisce un senso a tutte le
cose e che rivela quanto la mia essenza appartenga al grande disegno?
Come non perdermi nella foresta dei draghi multiforme, pronti a divo-
rare la connessione profonda, il tocco dell’infinito, la percezione dell’as-
soluto che raggiungo, anche solo per un attimo, rinascendo a me stesso?
Smetti di pensare –
risponde il Nagual – stai solo alimentando la tua dualità, continua a sudare nel Temascal.
Davanti all’arresa, il camminante non ha più parole, è pronto a con-
segnare il suo cuore. Mentre il conduttore o la conduttrice del Tema-
scal  versa  acqua  sulle  pietre,  egli  sperimenta  solo  l’umiltà,  la
condivisione, l’integrazione, la sincerità. È a casa. Sa che da lì viene e
lì ritornerà.
Attenta quando versi l’acqua, figlia mia – diceva l’Abuela –questo è un buon posto per morire, l’anima lo sa, sii sempre vigile al cerchio che inviti al volo della coscienza.
Con impeccabilità attraversai le prove richieste dalla tradizione. Com-
pii con i miei cinquantadue Temascales in due anni ancora in giovane
età per soffiarmi di dosso anche l’ultimo rimasuglio di cenere, eppure an-
cora oggi, ogni volta che il grembo della Madre Terra mi riceve, non so
mai come ne uscirò. Feci esperienza con la montagna e con il digiuno
perché la visione si rivelasse ai miei occhi. Offrii il mio servizio per un
numero infinito di anni a tutte le Anziane e gli Anziani che ritenevo
donne e uomini di conoscenza che alimentavano la mia ricerca e nutri-
vano la mia anima. Dedicai più di trent’anni a insegnare ai giovani e agli
adulti la medicina della Terra, il suo potere e il suo amore infinito.
Attraverso le quattro porte del Temascal, i quattro elementi, accom-
pagno le persone in un processo di cura e di rinascita.
Il cerchio dei partecipanti inizia a purificare l’Aria dei pensieri,
spazza il dialogo interno, si arrende alle descrizioni, alle frasi fatte che
incollano addosso un falso senso di coerenza e di logica, s’imbatte nei
limiti della ragione per districarsi dalla ragnatela delle ossessioni, ferma
il giudizio, la critica, i perché… chiede all’aquila di dare a ognuno pro-
spettiva, di aiutarli a prendere distanza. Ringrazia la direzione dell’est
per mostrare, ogni giorno, la luce del Sole che sconfigge le tenebre,
l’oscurità. Il vapore purifica, allarga i pori della consapevolezza, men-
tre i pellegrini assistono alla caduta delle convenzioni, dei mantra so-
ciali su cui hanno forgiato il loro destino di schiavi di se stessi.
Quando il Fuoco s’impossessa della seconda porta o mondo, la mente è rilassata e si è pronti a saltare per coltivare il coraggio del
proprio intento. Si tocca la paura di non essere all’altezza, di andare
fino in fondo, di perseguire il cammino, come fa il fuoco quando la
prima scintilla attacca la legna con l’intento di divorarla. Qui i pelle-
grini misurano se stessi. Il Nagual chiede loro:
Avrete la forza, avrete la determinazione di curare il vostro fuoco interno per tutta la notte? Davvero lo volete fare?
E mentre il coyote si aggira beffardo tra le nuvole del vapore, il
canto si fa più forte, la percezione si amplia, i ricercatori ringraziano
le sfide della vita per offrir loro il potere di esibirsi nel gioco dell’esi-
stenza, per dimostrare a se stessi la luminosità e la determinazione ad
andare oltre il conosciuto.
A sud, al Sole del mezzogiorno, i pellegrini offrono il loro sudore,
scoprono di conoscere i segreti e l’arte di Tatiwari, l’Abuelo Fuego,
e ne integrano il potere.
Si offriranno alla porta dell’Acqua pronti ad immergersi nel fiume
delle emozioni. Non risparmieranno le lacrime, non fingeranno più.
Davanti al grande mare dei sentimenti si scioglieranno in torrente,
aneleranno ricongiungersi al grande mare e berranno alla sorgente
che darà vita al loro mondo percettivo. Alla grande guaritrice, alla
memoria della vita, offriranno il rancore, la tristezza, la desolazione,
fluiranno come il sudore che scivola loro addosso, lavando ogni cel-
lula. Impareranno a chiedere perdono a se stessi per non essersi amati,
prima di rimproverare il mondo di non averlo fatto.
Nella grotta della Madre Terra, l’Orsa apparirà per graffiare con la
zampa l’ultimo velo di protezione, invocherà la guarigione per l’anima
e per il corpo di tutti i presenti, consapevole che ogni disarmonia del-
l’anima ammala la materia di cui siamo composti. Inviterà i cuori dei
pellegrini al silenzio, a prendersi cura del potere di quell’ultimo rag-
gio di sole di cui le tenebre presto inghiottiranno la brillantezza.
Un cuore purificato dai ricordi, dalle percezioni, dalle emozioni, è un
cuore Tolteca, un cuore diritto – ricorda il Nagual.
Mentre si cucina al calore del fuoco il pentolone dei nostri senti-
menti, il vapore trasforma le nostre esperienze che si fondono con
l’aroma della resina del copal, riempiendo i pori del nostro corpo del
rimedio più antico del mondo, la pace.
Come non ringraziare la Terra, la madre che sostiene il disegno a
cui ci siamo, come fanciulli, affidati? La quarta porta è dedicata a
Lei. A Lei riconosciamo il potere di partorirci, a Lei ossequiamo il
canto, il ringraziamento per il nutrimento, per la bellezza, per inclu-
derci nel suo grande ciclo di morte e rinascita, per benedire i nostri
passi sotto la stella del Nord, per mettere a nostra completa disposi-
zione l’infinita farmacia racchiusa nelle piante che la adornano,
nelle pietre che la formano, negli alimenti che in Lei crescono ab-
bondanti.
Consapevoli dell’amore, della relazione che li unisce alla Terra, i
pellegrini della coscienza si preparano a rinascere, a guardarsi intorno
con nuovi occhi e nuovi cuori.
Fuori dalla pancia della mamma che li ha nutriti durante l’espe-
rienza, ascoltano il battito della vita che pulsa intorno a loro. Mentre
la loro essenza si dilata, si ricongiungono al cielo che li avvolge e alla
natura che non smette, amorevolmente, di abbracciarli durante il
viaggio che essi compiono verso se stessi.
Non ci saranno mai abbastanza parole per ringraziare l’eredità degli
antenati lasciata inscritta nel dna dell’umanità.
Il temascal ha un’origine antichissima. La sua presenza è stata ri-
trovata alle quattro direzioni del pianeta come pratica curativa, mi-
stica e iniziatica in moltissime tradizioni ancestrali.
Nel suo sacro ventre, si confermano matrimoni, si purificano le
donne dopo le doglie del parto, si ricevono i neonati, si fa pace nelle
dispute, si celebra la vita, si curano disarmonie del corpo e dell’anima,
si offrono canti e si stringono nella preghiera e nell’intento le fami-
glie allargate.
La medicina del temascal, oggi, s’inserisce tra le più potenti della
pratica sciamanica. A lei ricorre il Tolteca quando il cuore glielo indica."

Tratto da Pratiche Sciamaniche - Anima Ed. A. Comneno e M. Balboni





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