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17.09.2009
THE MEATRIX

Brillante e divertente filmato per una presa di coscienza sul processo di produzione e consumo alimentare.

Desideriamo segnalarvi questo importante contributo, nonchè richiamo all'azione, per una presa di coscienza collettiva su come ci stiamo alimentando.
Se siamo d'accordo sul fatto che " Siamo ciò che mangiamo" guardate questo filmato e incominciamo a fare qualcosa di concreto, nel sito web collegato potrete trovare una serie di consigli ed indicazioni per una serie di azioni di cambiamento.

PER VEDERE IL FILM IN ITALIANO :

http://www.themeatrix.com/intl/italy/dub/  

 

ALCUNE NOTE SUL PROGETTO

Con “The Meatrix” c’impegnamo a educare consumatori e cittadini del mondo intero sulle questioni di “sostenibilità”, specie in termini di produzione e consumo alimentare. La presente “pagina d’azione” ci permette di comunicare con le persone interessate all’argomento in Italia e vuole informare e incoraggiare i consumatori ad impegnarsi a livello locale. Inoltre, il sito “The Meatrix” con le sue varie pagine paese per paese intende fornire una piattaforma per scambiare informazioni ed esperienze anche a livello internazionale.

Nelle pagine d’azione troverete informazioni sulla situazione agricola nei vari paesi, su organizzazioni e associazioni che si occupano dell’argomento sul territorio e che i visitatori potranno contattare. Inoltre il sito “The Meatrix” spiega anche com’è nata la serie e a cosa è dovuto il suo successo costante.

Per commenti o per aggiungere ulteriori informazioni alla pagina italiana o al sito in generale, contattateci: gpagano@fwwatch.org

In Italia:

Comunità numerosa di contadini. Politica di sviluppo o resistenza?
Antonio Onorati – Centro Internazionale Crocevia

Con una superficie agricola utilizzata (SAU) che assomma quasi alla metà di quella francese, l’Italia  presenta un numero di aziende agricole1 3,2 volte più alto. Un miracolo di resistenza. Quanto potrà durare se non ci sarà un cambiamento radicale nella politica agricola?
  Estensione SAU e numero
di aziende per paese
Paese
SAU ha
Numero
di aziende
Spagna
25 596.000
1 287.000 
Francia
27 856.000  
664.000
Italia
15 355.000 
2 152.000
Fonte: Eurostat 2000

Tra il 1982 e il 2000, l’Italia ha perso il 20% delle proprie aziende agricole e 4 milioni ha di SAU. Invece, tra il 2000 e il 2003 soltanto, il paese ha già perso il 13% di aziende. Di questo passo, fra 20 anni il numero di aziende agricole si ridurrà di più dell’85%
e ne rimarranno solamente 400.000 in tutto. Le aziende con meno di 20 ha saranno condannate – a restare e prosperare saranno quelle di 50 ha e più, a vincere sarà il dictat della concentrazione delle aziende e della risorsa terra.

Sono invece le aziende con meno di 20 ha quelle che concentrano su di sé la quasi totalità di lavoro e occupazione. La loro “sparizione” comporterà quindi inesorabilmente un processo di desertificazione economica, sociale ed ambientale del “bel paesaggio agricolo italiano”. Sarà annientata anche la capacità di produrre quella “qualità italiana” del cibo che trova le sue fondamenta nel territorio, nella diversità dei sistemi agrari e nella decentralizzazione della trasformazione industriale.

Anche se non paragonabile alla crescita registrata nel Regno Unito o nei paesi dell’Europa dell’Est, è comunque importante ricordare che, durante lo stesso periodo (1982 – 2000), in Italia la dimensione media delle aziende agricole è cresciuta del 10,6%, passando da 5,6 ha a 6,2 ha. Questa crescita è però distribuita in maniera disuguale nel paese, con le regioni del Nord che registrano una crescita media del 17,5%, quelle del Centro del 16,5%, mentre una crescita più modesta si registra al Sud (7,6%), Questo è il risultato di una politica che mira a “rafforzare la competitività” delle aziende agricole.  Si tratta però di politica che ha, in massima parte,  considerato l’efficienza economica produttiva, mentre le peculiarità e la complessità del sistema agroecologico e produttivo italiano è stato troppo spesso trascurato.

Se confrontiamo questi dati con la dimensione economica2 globale delle aziende agricole, rileviamo una crescita significativa a livello nazionale (2,0%), dovuta principalmente alle regioni del Centro e del Sud (5,0% e 9,5% rispettivamente). Le regioni del Nord, invece, registrano una riduzione del 4,9%. In altri termini, le aziende del Nord aumentano la loro dotazione di terra del 17,5%, ma riducono la loro dimensione economica del 4,9%. Questo significa che le aziende del Nord accumulano terreni per accumulare i premi derivanti dalla Politica Agricola Comune (PAC), senza al contempo valorizzare il potenziale produttivo addizionale: aumenta soltanto la loro parte di rendita fondiaria. Queste sono le “imprese” competitive e moderne che sopravvivranno alla mattanza dei prossimi dieci anni.

Occupazione
Anno
Totale
Agricoltura
1993
20.765
1.363
1994
20.393
1.290
1995
20.240
1.217
1996
20.328
1.164
1997
20.384
1.132
1998
20.591
1.091
1999
20.847
1.029
2000
21.210
1.014
2001
21.604
1.018
2002
21.913
990
2003
22.241
967
Fonte: ISTAT

Fino alla più recente riforma della PAC e finché esistevano delle alternative al dominio assoluto del cosiddetto “accordo di filiera”, le aziende di piccole e medie dimensioni riuscivano a sopravvivere senza il sostegno di politiche d’appoggio (mai esistite in Italia). Questo era possibile grazie agli interstizi presenti nel mercato (a livello locale, nazionale e talvolta anche internazionale, specie per frutta e verdura), ma grazie anche alla possibilità di riorganizzare la produzione (riducendo la capitalizzazione) e di aumentare l’uso della forza lavoro (del contadino, della sua famiglia o del lavoratore stagionale).

Si è ora però inaugurata una nuova fase, caratterizzata da una ridotta capacità di vendere sul mercato agro-alimentare interno: le nostre abitudini alimentari comportano una fornitura di prodotti alimentari sempre più spesso d’origine esterna al paese. Le imprese agro-alimentari nazionali perdono parti del mercato interno, a vantaggio della grande distribuzione internazionale. Inoltre, se non vi saranno politiche di sostegno per i giovani, il salto generazionale porterà ad una fuga consistente di contadini e di aziende agricole, il ché a sua volta comporterà l’impoverimento dei territori rurali. Questo priverà i piccoli e medi agricoltori della possibilità di cercare fonti di guadagno extra-agricolo che giocano un ruolo fondamentale nella resistenza contadina. Un’agricoltura ricca di contadini - fino ad oggi sicuramente al livello più alto tra i paesi industrializzati - non sarebbe più possibile in Italia.

Nel 1993, il tasso di occupazione nel settore agricolo era del 6,5% dell’occupazione totale. Nel 2003, rappresentava soltanto il 4,4%, mentre l’occupazione totale era cresciuta del 7%.

Senza politiche appropriate e finalizzate esclusivamente al sostegno delle aziende agricole di piccole e medie dimensioni, anche l’Italia si troverà presto ad avere un’agricoltura senza contadini.

Sources:

 

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